Le reazioni da ipersensibilità ad antibiotici sono reazioni avverse imprevedibili che comprendono sia le reazioni allergiche, in cui è possibile rilevare un coinvolgimento del sistema immunitario in pazienti con fattori predisponenti, sia non allergiche, dovute alle caratteristiche farmacologiche e/o tossiche del farmaco. Le reazioni sono classificate in immediate e non immediate o ritardate, sulla base dell’intervallo di tempo intercorso tra l’assunzione del farmaco e lo sviluppo della reazione. Le reazioni immediate si sviluppano entro 1 ora dalla prima dose di un nuovo ciclo terapeutico e sono spesso mediate da anticorpi di tipo IgE; clinicamente sono rappresentate da orticaria, angioedema, broncospasmo, sintomi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea, dolore addominale), rinite e congiuntivite e, nei casi più gravi, da anafilassi o shock anafilattico. Le reazioni non immediate, invece, si sviluppano dopo un’ora dall’assunzione del farmaco e sono spesso mediate da linfociti T; possono manifestarsi come esantema maculopapulare, orticaria a comparsa ritardata, o come reazioni cutanee gravi.
Gli antibiotici beta-lattamici (penicilline, cefalosporine, carbapenemi e monobattami) rappresentano la causa più frequente di reazioni da ipersensibilità ad antibiotici, per la loro capacità di formare coniugati con le proteine sieriche e per il loro diffuso utilizzo. L’allergia alle penicilline è la forma più comune di allergia a farmaci, con una prevalenza tra il 5 -10% negli adulti e nei bambini. Tuttavia, negli ultimi 20 anni, l’incidenza di un’allergia accertata in pazienti che riferivano reazioni alle penicilline è scesa dal 20% al 5%. L’amoxicillina è la molecola più frequentemente causa di sensibilizzazione nella popolazione.
Spesso i pazienti non ricordano la reazione avversa all’antibiotico, nella maggior parte dei casi dovuta all’interazione farmaco-infezione o ad un effetto collaterale del farmaco stesso e non correlata ad un’ipersensibilità di tipo allergico. Sebbene tali reazioni rappresentino un rischio trascurabile per il paziente, attualmente sono una minaccia per la Salute Pubblica. Infatti etichettare un paziente come allergico agli antibiotici, influisce sulla prescrizione di terapie antibiotiche sia in caso di profilassi che di trattamento. In particolare, un’etichetta di allergia alla penicillina è associata ad un aumentato uso di antibiotici ad ampio spettro e non β-lattamici, con conseguente incremento delle reazioni avverse e di resistenza farmacologica, e gravi conseguenze economiche in termini di aumento dei costi dell’assistenza sanitaria e perdita di produttività.
Per valutare una reazione allergica ad un antibiotico è fondamentale un’accurata raccolta anamnestica che specifichi il tipo di reazione, il tempo di comparsa dei sintomi rispetto l’ultima assunzione del farmaco ed eventuali terapie concomitanti. È importante, inoltre conoscere l’appropriatezza prescrittiva del farmaco, dato che in molti casi un antibiotico viene somministrato in forma empirica per infezioni batteriche non accertate. Per tale motivo, alcune malattie, come l’HIV, e le infezioni virali in generale, possono aumentare la probabilità che si verifichi una reazione avversa. La diagnosi è formulata sulla base dell’esito di test cutanei, test di laboratorio e di test di esposizione controllata.